KARMA SERVITO CALDO ALL’AUTOSTRADA

Ho lavorato come lavapiatti all’Ed’s Truck Stop per quasi quindici anni, lavorando di notte, dove il caffè è forte e l’azienda… beh, diciamo che varia. Ci sono persone di ogni tipo: un mix di camionisti con storie da raccontare, viaggiatori stanchi del viaggio e qualche piantagrane che cerca di spargere la polvere.

Quella notte iniziò come tante altre. L’insegna al neon fuori tremolava mentre la pioggia cadeva a catinelle, facendo brillare tutto sotto i lampioni. Il ristorante profumava di caffè appena fatto e patate fritte unte. Stavo pulendo il bancone quando entrò un vecchio, silenzioso come un’ombra.

Non era un granché da guardare: forse sulla sessantina, nervoso, con un viso che raccontava mille storie, se solo sapevi come interpretarlo. Si muoveva lento, ponderato, come chi ha portato più peso di chiunque altro. Si sedette vicino alla finestra, ordinò una fetta di torta di mele e un bicchiere di latte. Niente caffè, niente pasto: solo qualcosa di semplice. Immaginavo fosse il tipo che non sprecava né parole né soldi.

Stavo versando un altro drink per un cliente abituale quando la porta si è spalancata di nuovo ed è entrato un gruppo di persone in giacca di pelle e con cattive intenzioni. Erano tre. Il tipo di persone che ridono troppo forte, si comportano come se fossero i padroni del locale e prosperano nel mettere a disagio gli altri. Avevo già visto gente del genere. Non erano lì per il cibo.

Si diressero impettiti verso il bancone, creando una scenata fin dall’inizio: risate fragorose, battute sarcastiche, e i caschi che lanciavano su un separé vuoto come se avessero il locale tutto per loro. Poi uno di loro, un tipo corpulento con una folta barba e un luccichio cattivo negli occhi, notò il vecchio seduto in silenzio, a farsi i fatti suoi. Fu tutto quello che bastò.

“Guarda questo tizio”, sogghignò quello barbuto. “Tutto solo, a bere latte come uno scolaretto.”

Gli altri due ridacchiarono. Uno di loro, quello magro con la faccia da topo, si avvicinò lentamente, accendendo distrattamente la sigaretta. E prima che potessi fermarlo, la spense proprio in mezzo alla torta del vecchio.

Il ristorante piombò nel silenzio. Mi bloccai. Sentivo la tensione crepitare nell’aria come elettricità statica prima di una tempesta. Ma il vecchio? Non batté ciglio. Si limitò a guardare la sua torta rovinata, sospirò con il naso e cercò il portafoglio.

Il secondo motociclista, un tipo nervoso con un’espressione arrogante in volto, prese il bicchiere di latte del vecchio, ne bevve un lungo sorso, poi lo sputò di nuovo nel bicchiere con un esagerato “ahh”. Il terzo, il capobanda, si sporse semplicemente e fece cadere il piatto dal bancone, facendolo cadere a terra.

Il vecchio rimase seduto lì per un attimo, fissando il caos davanti a sé. Mi aspettavo rabbia. Forse un’imprecazione, forse persino un pugno tremante. Ma lui annuì tra sé e sé, tirò fuori dalla tasca un paio di banconote spiegazzate, le posò sul bancone e si alzò. Senza dire una parola, si sistemò la giacca, si calò il berretto e uscì nella notte piovosa.

Mi sentii male a vederlo andarsene. Non era giusto. I motociclisti stavano ancora ridendo quando quello con la barba si voltò verso di me.

“Non era un granché come uomo?” chiese, sorridendo.

Mi asciugai le mani sul grembiule e mi sporsi leggermente in avanti, abbassando la voce come se stessi condividendo un segreto. “Nemmeno io sono un gran camionista.”

Il sorrisetto svanì. “Cosa dovrebbe significare?”

Accennai con la testa alla finestra.

Ci volle un secondo per realizzare ciò che stavano vedendo. Le loro moto – tre motociclette immacolate, personalizzate, tutte allineate come trofei – non erano altro che un ammasso di lamiera contorta e cromature rotte sotto le ruote posteriori di un enorme camion a diciotto ruote.

Il colore svanì dai loro volti. Il capo si lanciò verso la porta, gli altri due lo seguirono a passo d’uomo. Ma era già troppo tardi. Il mezzo del vecchio era una macchia di luci posteriori rosse che svanivano in lontananza, il rombo sommesso del motore che si perdeva nella notte.

Emisi un respiro lento, sentendo qualcosa di caldo depositarsi nel petto. Non era solo la soddisfazione di vedere i bulli ricevere ciò che meritavano. Era il modo in cui il vecchio aveva gestito la situazione: silenzioso, misurato, senza rabbia e nemmeno il bisogno di compiacersi. Non si era limitato a impartire loro una lezione; aveva lasciato che la scrivessero da soli.

I motociclisti se ne stavano sotto la pioggia, a fissare le loro moto distrutte, senza parole. E tutto quello che riuscivo a pensare era: alcune persone imparano a proprie spese.

Mentre prendevo la mia caffettiera per fare un altro giro, un paio di camionisti iniziarono a ridacchiare tra sé e sé, scuotendo la testa. Uno di loro, un tipo brizzolato di nome Marv, alzò la tazza in un brindisi silenzioso.

“Un brindisi a coloro che non sprecano il fiato”, borbottò.

Sorrisi e tornai al lavoro, mentre il ristorante ronzava di quieta soddisfazione. Certe sere, il karma è servito al momento giusto.

Ti è piaciuta questa storia? Se ti ha dato un po’ di soddisfazione, condividila con i tuoi amici e metti “mi piace”! Fammi sapere cosa avresti fatto al posto del vecchio!

Hãy bình luận đầu tiên

Để lại một phản hồi

Thư điện tử của bạn sẽ không được hiện thị công khai.


*