

Don Emilio era uno scapolo incallito. Ha vissuto la sua vita senza che la solitudine lo opprimesse. Lavorava come un mulo, ma amava il suo lavoro. Ha fatto tutto con cura, ricercando la perfezione in ogni dettaglio. Nonostante avesse avuto molte donne, non trovò mai quella ideale. Lo scorso luglio decise di prendersi una vacanza nel sud. La stanchezza lo opprimeva e desiderava ardentemente fuggire dalla civiltà per un po’. Andò online e pubblicò un annuncio.
Gli rispose una donna con due bambini, residente in una città costiera. A venti minuti a piedi dal mare, lontano dal trambusto turistico, offriva una stanza separata e, come extra, gli cucinavano piatti fatti in casa in cambio degli ingredienti che aveva portato. Don Emilio abboccò all’amo. Il viaggio è stato tranquillo, il GPS non lo ha deluso. La casa era vecchia ma pulita, la stanza era accogliente e il proprietario era gentile. Un cagnolino, un maltese, correva nel cortile. Nel frutteto la frutta maturava, mentre i bambini, un maschio e una femmina di circa 9 o 10 anni, aiutavano nei lavori. La donna non lo disturbò, gli chiese solo cosa volesse mangiare, gli diede delle fragole e gli sorrise dolcemente. Don Emilio trascorreva le sue giornate in spiaggia, nuotando, arrampicandosi, scattando foto e scrivendo a un vecchio amico sui social media. A volte si chiedeva come una donna di cinquant’anni potesse avere figli così piccoli. Alla fine si fece coraggio e chiese.
—Isabel Martínez, sono i tuoi nipoti?
“No”, rispose, “sono i miei figli, sono arrivati tardi.” Il matrimonio non ha funzionato, ma volevo comunque diventare madre. E non sono poi così vecchio, ho solo 48 anni.
Mentre parlavano, don Emilio la osservò meglio: piacevole, serena, con un sorriso caldo. Gli piaceva perfino il suo nome. Isabel, Isa. Come sua madre. E c’era profumo di fragole e burro. Il giovane vino locale era delizioso, le notti fresche e il cielo stellato. Erano entrambi adulti, senza alcuna riserva. Durante il giorno tutto era normale, ma di notte Don Emilio si intrufolava nella stanza di Isa. Poi tornò da casa, facendo attenzione a non svegliare i bambini. Il cane non gli ha nemmeno abbaiato, si è limitato a guardarlo con aria d’intesa. Animale buono e frugale. Mangiava poco ma sorvegliava il cortile come una sentinella. Il suo nome era Canela e ben presto cominciò ad accompagnare Don Emilio in spiaggia, nuotando al suo fianco. Lei usciva dall’acqua, si scrollava di dosso la sporcizia, si asciugava al sole e tornava sempre indietro prima di lui. Finché un giorno non si è più fatto vedere.
Don Emilio la cercò dappertutto, affisse manifesti, chiese ai vicini. Un’anziana donna ipotizzò che forse era stata rapita da degli sconosciuti che avevano affittato una casa all’altra estremità del villaggio. Don Emilio andò lì, ma gli dissero che se n’erano già andati… con un cagnolino, diretti verso la strada. Lui avviò la macchina e li inseguì. A ottanta chilometri li tagliò fuori. Dal SUV scesero due ragazze giovani e sfacciate.
—Ehi, sposta la macchina! Non sai guidare? Chiameremo la Guardia Civile!
«Chiamaci», rispose don Emilio, «ma prima restituiscici il cane».
—Che faccia tosta! —il più alto rise. È stato abbandonato, lo stiamo salvando.
“Non è tuo”, rispose. Ha una famiglia.
-Uscire! —urlò l’altro— o ti romperemo le finestre.
Don Emilio li circondò e gridò: “Cannella!” Il cagnolino cominciò ad abbaiare e a saltare sui sedili, cercando di scappare attraverso il finestrino semiaperto. Le ragazze lo tirarono per le braccia, imprecando e minacciando. Non sapeva cosa fare; colpirli non era un’opzione.
Fu salvata dalla guardia civile che arrivò in quel momento, sudata e ansimante. Tappandosi le orecchie per non sentire le urla, l’agente prese Canela tra le braccia.
-Silenzio. Il cane andrà con chi vorrà. Nessuno ha documenti.
—Culetto, tesoro! —borbottarono le ragazze, tirando fuori la salsiccia. Vieni con noi.
“Dai, Cannella”, disse Don Emilio.
La guardia liberò il cane. Cannella corse verso Don Emilio, scodinzolando e abbaiando felice.
«Sembra chiaro», sbuffò l’agente.
—È nostro! —gridarono. Non hai il diritto di portarcelo via! Lo abbiamo salvato dalla strada!
La guardia diventò rossa.
—Guardate, “salvatori”: o ve ne andate dal paese pacificamente, oppure controllerò la vostra assicurazione, il vostro estintore, la revisione del vostro veicolo, il vostro kit di pronto soccorso… e conterò ogni pillola. Inoltre la macchina è sporca. E dovremo controllare che non sia rubato.
Il SUV scomparve in un lampo.
Don Emilio strinse la mano alla guardia.
—Grazie, agente.
—Niente, ne ho uno anch’io. Peloso, dispettoso e un po’ codardo. D’inverno indossa un maglione, non sopporta il freddo. Buona razza, fedele. E la dimensione ideale. Bene, buona fortuna e non infrangere le regole.
Don Emilio salì in macchina. Cinnamon si sistemò sulle sue ginocchia, piccola e calda, la sua pelliccia come velluto. Una pace insolita lo invase. La strada era libera, il motore rombava e Cinnamon era una tipa dolce. Ma in mezzo a tutta questa calma, la nostalgia lo colpì: presto sarebbe giunto il momento di partire. Non c’era nessuno ad aspettarlo nel suo appartamento vuoto. Gli venne un’idea: tornare indietro e portare con sé Canela. Che importanza avevano un paio di magliette e una tuta? L’idea persistette. Ne prese nota mentalmente, sospirò e tornò a casa di Isabel.
L’ultima settimana è stata piovosa, ma don Emilio ha continuato ad andare a fare il bagno. Cannella lo accompagnò. Di notte continuava a intrufolarsi nella stanza di Isa, ma ogni mattina la malinconia aumentava. Il giorno della partenza spuntò soleggiato. Don Emilio aveva fatto le valigie la sera prima. Lasciò un regalo a Isabel, la salutò, le diede il suo numero e salì in macchina. Mentre si allontanava a tutta velocità, pensò che la vacanza e la storia d’amore fossero finite. Era tempo di tornare alla routine.
Mentre svoltava sulla strada principale, vide Cinnamon che correva dietro la macchina. Premette l’acceleratore, ma il cagnolino correva più veloce. Continuò ad aumentare la velocità e la piccola figura rimase indietro… finché non scomparve. Don Emilio si fermò di colpo. Scese le scale, accese una sigaretta e notò che le sue mani tremavano. Lo vuotò fino al filtro, lo gettò nel posacenere e guardò la strada. In lontananza si muoveva un minuscolo puntino.
Don Emilio cominciò a correre, pregando che non passasse nessuna macchina. Non correvo così da un decennio! Cinnamon gli si avvicinò, esausta, coperta di polvere, perfino nelle orecchie. Tentò di abbaiare, ma starnutì soltanto. Don Emilio lo sollevò e lo pulì con cura. Le diede dell’acqua dalla sua bottiglia e poi chiamò Isabel.
—Ho il tuo cane. Mi ha seguito. Non preoccuparti, te lo restituisco subito.
—Tienilo se vuoi. L’ho ritirato qualche giorno prima del tuo arrivo. È stata scaraventata fuori da un furgone davanti al supermercato.
—Posso davvero tenerlo?
-Oh veramente.
E don Emilio la portò via.
Sei mesi dopo, all’università, sentì due compagni di corso mormorare: “Sapete che il preside ha sposato una donna del sud, con due figli e un cane?”, al che lui sorrise e pensò a Isa, ai bambini e a Canela, mentre tornava a casa, dove lo aspettava la vera felicità.
Để lại một phản hồi