La suocera viene a “salvare” il figlio dal raffreddore e mi liquida come irrilevante

A volte penso che la cosa più difficile nella vita di una donna non sia la gravidanza, né le faccende domestiche, né le malattie altrui. La cosa più terrificante è lottare per il diritto di essere una moglie quando compare la suocera, disposta a sacrificare tutto per il suo “amato figlio”. Un ragazzo che, tra l’altro, ha già trentatré anni. E riesce a distinguere un raffreddore dalla fine del mondo. Ma non per sua madre…

Mio marito Javier si è ammalato. Un semplice raffreddore: naso che cola, tosse, leggera febbre. Niente Covid, buon sapore, test negativo. Il medico diagnosticò senza allarme: un virus. Bevande calde, arieggiare la stanza, vitamine se ne avessi avuto bisogno. Javier non si è tirato indietro: è andato a fare la spesa e ha lavato i piatti. Sono incinta di sette mesi e non riesco a sopportare il peso. Lui ha continuato a lavorare: il suo capo è un tipo duro, un imprenditore privato, e prendersi del tempo libero ha delle conseguenze. Lo stipendio è giusto, ma fisso. Presto andrò in maternità, ogni euro conta.

Abbiamo seguito le istruzioni alla lettera: coperta calda, tè con miele, cipolla con zucchero. Mi sono presa cura di lui come meglio ho potuto. Tutto andava bene finché lui, per stanchezza o per stupidità, non raccontò al telefono le sue condizioni alla madre. Lo stesso di cui non volevamo preoccuparci. E nel giro di un’ora ero sull’autobus. L’ultima sera, anche se viviamo in un altro quartiere di Madrid. Erano passate le dodici quando bussò alla porta.

Javier dovette alzarsi per salutarla perché, nelle mie condizioni, non potevo uscire a quell’ora. Ed eccola lì, un uragano che entra nell’appartamento e ne prende il controllo. Primo ordine: “Non aprite le finestre! La corrente d’aria ucciderà il paziente!” Secondo: “Porta acqua bollente! Ho portato delle erbe, dobbiamo fare un infuso.” All’una del mattino. Terzo: “Tu, nuora, vai in un’altra stanza. Partorirai e qui ti prenderai i germi”.

Da quel momento in poi ho cessato di esistere. Sono una donna adulta, una moglie, una madre di un bambino non ancora nato e sono stata esclusa da questa equazione. Ora la mamma è un prete. La mamma lo sa meglio di chiunque altro.

Chiamò il suo capo e, nonostante le proteste di Javier, dichiarò che suo figlio era gravemente malato e non sarebbe andato al lavoro. “Troverai un altro lavoro, ma non puoi comprare la tua salute!” sbottò prima di riattaccare. Impallidì e rimase senza parole. Ho provato a fare obiezione: inutile.

Ho preso le vitamine che mi ha consigliato il medico. Ho sentito un sermone in cui si diceva che si trattava di “chimica pura” e di una “sciocchezza”. Ho comprato delle mele: mi hanno detto che la frutta importata era avvelenata. Ho preparato la zuppa preferita di Javier. Mi ha rimproverato: “Solo il brodo di pollo cura il raffreddore!” Il problema è che lui odia il pollo fin da quando era bambino, gli fa rivoltare lo stomaco.

Iniziò a pretendere che il pavimento venisse lavato con la candeggina ogni ora. Non importava che l’odore facesse venire la nausea a mio marito. L’essenziale era seguire le regole del passato. Acquistavo medicine, bollivo erbe, compilavo relazioni, mentre io me ne stavo in silenzio e non interferivo.

Non riuscivo più a trattenermi. A cena ho cercato di parlare con calma e rispetto. Dissi: “Mamma, grazie, ma decidiamo insieme. Anch’io mi preoccupo per lui…”. Lui mi interruppe: “Non capisci niente. Dove vendono l’omeopatia qui?”

Ho chiesto a Javier di dirgli con tatto di tornare a casa. Tacque. Ha paura di lei. Lui preferisce sopportare. Ma non posso. Perché il parto si avvicina e so cosa succederà: vorrà decidere come cresceremo il bambino. La mia voce, ancora una volta, non conterà.

E ho paura. Non solo per me. Temo che mentre sei in congedo il tuo capo ti sostituirà. Poi? Finiremo le entrate? Tua madre ti aiuterà? Con la pensione? Sto già tagliando i costi per garantire il benessere del bambino.

Ora sono sola in cucina, ad ascoltare i suoi ordini dall’altra parte della porta, e capisco: questa battaglia è appena iniziata. Ma non ho intenzione di restare in silenzio ancora a lungo. Perché questa è la mia famiglia. Mio figlio. La mia vita. E ho tutto il diritto di difenderla.

La lezione è chiara: il posto che ognuno occupa in casa propria non è negoziabile. Ho imparato che il rispetto non si mendica, si pretende.

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