

Whiskers era nella casa di cura da quando se ne ricordava il tempo. Il personale giurava che fosse apparso un giorno, come se fosse il suo posto. Era schizzinoso con le persone, e a malapena tollerava la maggior parte di noi. Ma con il signor Delano? Era diverso.
Ogni mattina, Whiskers si arrampicava in grembo al signor Delano, rannicchiandosi mentre il vecchio gli accarezzava il pelo con mani tremanti. Avevano una routine: carezze dolci, sussurri sommessi, momenti di silenziosa comprensione. Nessuno sapeva spiegarne il motivo, ma erano inseparabili.
Poi, una sera, il signor Delano morì nel sonno.
La mattina dopo, ci aspettavamo che Whiskers fosse alla finestra ad aspettarlo. Invece, lo trovammo rannicchiato sul letto vuoto del signor Delano, con le zampe sotto il mento e gli occhi socchiusi. Non si mosse per tutto il giorno.
Quella notte, mentre stavamo sistemando le poche cose del signor Delano, una delle infermiere rimase senza fiato.
Aveva trovato una vecchia fotografia nascosta nel suo cassetto.
Era un signor Delano molto più giovane, sorridente, che teneva tra le braccia un piccolo gattino bianco e nero.
Sul retro, scarabocchiate con inchiostro sbiadito, c’erano solo quattro parole:
“Ragazzo mio, sempre in attesa.”
Guardai Whiskers, ancora rannicchiato sul letto, e il respiro mi si fermò in gola.
Potrebbe essere davvero…?
E poi, senza fare alcun rumore, Whiskers si alzò, si stiracchiò e uscì dalla stanza.
Per giorni, Whiskers non si comportò più come se stesso. Mangiava a malapena, non rispondeva quando qualcuno lo chiamava per nome e si rifiutava di fermarsi a lungo. La scintilla nei suoi occhi verdi si era affievolita, come se si fosse perso senza la sua persona.
“Forse sta solo soffrendo”, ha detto una delle infermiere. “Anche gli animali provano dolore per la perdita.”
Ma c’era qualcos’altro, qualcosa di più profondo. Era come se avesse perso non solo un amico, ma uno scopo.
Poi una sera, poco prima della chiusura, accadde qualcosa di strano.
Whiskers, che si era rannicchiato sul divano vicino al camino, sollevò improvvisamente la testa. Le orecchie gli si contrassero. Tutto il suo corpo si irrigidì per un attimo, poi balzò giù e trotterellò lungo il corridoio.
Curioso, lo seguii.
Mi condusse all’ingresso principale, dove un giovane stava in piedi esitante, guardandosi intorno come se non fosse sicuro se entrare o meno. Aveva circa venticinque anni, gli occhi stanchi e un’energia nervosa.
Nel momento in cui Whiskers lo vide, emise un basso e rimbombante ronzio, un suono che nessuno di noi aveva più sentito da quando il signor Delano era morto.
L’uomo notò il gatto e si accovacciò, spalancando gli occhi. “Ehi, amico”, mormorò, porgendogli una mano titubante.
Con mio grande stupore, Whiskers premette il viso contro il palmo dell’uomo, strofinandosi contro di lui come un vecchio amico.
L’uomo mi guardò. “Io… credo di conoscere questo gatto.”
Il mio cuore batteva forte. “Come?”
Esitò un attimo, poi infilò la mano in tasca e tirò fuori il telefono. Con qualche gesto trovò quello che cercava e me lo mostrò.
Era una vecchia foto. Di lui. Da bambino.
E tra le sue braccia, rannicchiato contro il suo petto, c’era un gattino bianco e nero, con gli stessi penetranti occhi verdi di Whiskers.
“Mio nonno aveva un gatto proprio così”, disse dolcemente. “Si chiamava Scout. Ero solo un bambino quando scappò via. I miei genitori mi dissero che probabilmente non ce l’aveva fatta, ma il nonno diceva sempre che era ancora là fuori, ad aspettarci.”
Mi si strinse la gola. “Tuo nonno… era il signor Delano?”
L’uomo annuì, deglutendo a fatica. “Non lo vedevo da anni. Non sapevo nemmeno che fosse qui finché non ho ricevuto la chiamata per la sua scomparsa. Sono venuto a vedere se fosse rimasto qualcosa di lui, qualcosa che potesse ancora farmi sentire a casa.” Guardò Whiskers, con la voce roca per l’emozione. “Credo di averlo appena trovato.”
Per la prima volta da giorni, Whiskers sembrava in pace. Fece le fusa più forte, stringendosi intorno alle gambe del ragazzo come se avesse trovato quello che cercava.
E forse lo aveva fatto.
Quella sera, il giovane uomo, di nome Daniel, sedeva con me nella sala comune e sfogliava vecchi album di fotografie lasciati nella stanza del signor Delano.
“Parlava sempre di te”, gli dissi. “Diceva sempre che sperava che un giorno saresti venuto a trovarlo.”
Daniel espirò tremante. “Vorrei averlo fatto. La vita è diventata frenetica. E credo di aver sempre pensato di avere più tempo.”
Rimanemmo seduti in silenzio per un po’, osservando Whiskers che si addormentava in grembo a Daniel, con un’aria più soddisfatta di quanto non lo fosse da giorni.
Quando Daniel finalmente si alzò per andarsene, Whiskers non rimase indietro. Lo seguì, passo dopo passo, come se avesse preso una decisione.
“Lo porti con te?” chiesi, a metà tra lo scherzo e il serio.
Daniel esitò. Poi guardò il gatto e sorrise. “Se mi vuole”, disse.
Whiskers agitò la coda, come per dire che la decisione era già stata presa.
E così, all’improvviso, ebbe una nuova casa.
Il signor Delano aveva perso un tempo il suo ragazzo, e il suo ragazzo aveva perso un tempo il suo gatto. Ma in qualche modo, con il tempo, la pazienza e il destino, erano riusciti a ritrovarsi.
Forse l’amore non se ne va mai veramente. Forse aspetta e basta, come una vecchia fotografia in un cassetto, come un gatto in una casa di cura, finché non arriva il momento giusto.
Se credi nel potere delle seconde possibilità, condividi questa storia. A volte, l’amore trova sempre una via.
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